L’Avvento, come indica la liturgia dei cristiani, è un porre attenzione alla venuta di Gesù.
I liturgisti, nel prefazio della messa, indicano due venute di Gesù: quella della sua nascita venti secoli fa, e quella del suo trionfo alla fine dei tempi, come usa dire.
S. Bernardo, e altri con lui, parla di un’altra venuta: quella intermedia. Evidentemente questa terza venuta inizia con la Risurrezione.
La prima e l’ultima venuta dipendono dalla decisione di Dio: pienezza del tempo, viene detta la scadenza della venuta di Gesù nella carne.
La venuta intermedia, la decidiamo noi con la nostra fede e il nostro amore.
Con l’amore: “Se uno mi ama, il Padre lo ama, e verremo da lui e faremo dimora in lui”. La venuta della presenza di Dio, come risposta al nostro amore.
La venuta attraverso la nostra fede e la nostra iniziativa, avviene quando noi decidiamo di assumere l’Eucarestia.
L’Eucarestia è il ritorno quotidiano di Gesù nella sua chiesa, sotto segno sacramentale.
L’Eucarestia non può restare un rito tra molti altri, creati dall’uomo.
Ogni rito è una scatola vuota. Va riempito dalla nostra partecipazione di fede e di amore. Infatti: non chi dice “Signore Signore” ma chi fa la volontà del Padre. I formalismi rituali stanno invadendo l’Avvento. Perfino il mostricciattolo “Babbo Natale” fa parte di un rito natalizio, dal quale Gesù è scappato.
Ma anche altri riti, ai quali i formalisti danno importanza. L’accensione di un cero alla settimana, che addirittura è stato reso obbligatorio durante la messa. Se nel rito non c’è un cuore che desidera e attende, il rito si riduce a un sacco vuoto.
GCM 02.12.10 , pubblicato 08.02.11