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Consolatori

La mia vita è Cristo: così esplode di entusiasmo S. Paolo. Assimilato a Gesù tanto, da essere pervaso di Gesù.

Essere pervasi di Gesù è il nostro più cocente desiderio. Sentire la nostra vita consumarsi nella sua, in quella vita che si è totalmente consumata nel Padre, fino a risorgere piena di divinità.

Allora è necessario penetrare in Gesù, a cominciare dal condividere di cuore i suoi sentimenti e le sue passioni, ossia dal sentire anche in noi la sua umanità. Essere sicuri che il nostro essere uomini è anche il suo essere uomini. Rendere le nostre esperienze umane, capaci di rispecchiare le sue esperienze.

Pensando a Gesù, sofferente nel Gethsemani, è ovvio che emergono le nostre esperienze analoghe.

Gesù patì la solitudine, nei momenti di angoscia. Ritornò tre volte dai suoi per sentire il conforto della loro compagnia.

La percezione della presenza del Padre, lo stava abbandonando: abbandono che culminò sulla croce: “Dio mio, perché mi stai abbandonando?”

Gli apostoli erano stati sempre avvicinati da Gesù, per superare le difficoltà. E’ la situazione che le persone in difficoltà sperimentano con il medico, lo psicologo, il confessore. Quando questi hanno necessità, quelle persone si dileguano. Ora che gli apostoli erano chiamati a soccorrere il loro maestro, caduto nella depressione della paura, si addormentano, ossia fuggono dentro il sonno, nella propria chiusura, anche perché non sanno consolare il grande consolatore.

Quanti di noi hanno vissuto la felice esperienza di avere accanto la gioia di una persona affettivamente soccorrevole durante la nostra difficoltà, comprende l’anima di Gesù, quando chiede compagnia.

GCM 18.04.11, pubblicato 14.09.11