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Senza gli altri, non ci siamo

Paolo parla dei doni e dei carismi che strutturano la chiesa, ossia il corpo di Gesù in terra, quel corpo che deve ancora risorgere per unirsi nel completamento del Corpo Risorto, del quale il Capo è già Risorto. I doni sono diversi (chi ha la fede, chi la scienza ecc.) e sono destinati alla sintesi. La sintesi si attua profondamente in Gesù. La sintesi non si realizza in ciascuna persona o membro del corpo di Cristo, ma nel complesso della comunità. Io ti dono la mia fede e tu mi doni la tua carità, e poi coniamo la nostra fede e carità a chi ci dona la sua profezia, fino a completare assieme il corpo di Cristo maturo.

Purtroppo a questo dono reciproco, per completare il corpo di Cristo ed essere completati in esso, non ci si pensa neppure durante la messa. La passività domina sulla partecipazione, perché non sono convinto che la mia preghiera completa la profezia, l’elemosina, il canto degli altri. Io devo essere raccolto per conto mio, senza pensare che il mio raccogliermi è un dono ai presenti. Io devo ben pregare, leggere, parlare, senza la convinzione che la mia preghiera, la mia lettura, il mio parlare rimangono monchi e sterili, se non sono parola, preghiera, lettura di tutti.

Quel brutto “assistere alla santa messa” resta ancora nella sensibilità di molti tra i pochi che ancora vengono a messa, e non si scrosta dalla persona per accogliere il fresco “collaborare al Corpo di Gesù”, attivamente.

Quando una persona si sposa, sposa anche la famiglia e la cultura dell’altra persona. Quando invece partecipiamo alla messa, rifiutiamo i doni degli altri, accettando (sì e no) quello che il prete dall’altare fa oppure dice.

GCM 17.01.10