Incaricando Pietro di pascere il proprio gregge, Gesù ha forse giocato d’azzardo?
Pietro l’uomo infido: grandi entusiasmi e repentine cadute. Forte nelle affermazioni e debole nelle azioni.
Con Pietro, Gesù ha rischiato? E Pietro continuando a restare con Gesù, ha rischiato pure lui di correre un’avventura molto superiore alle proprie forze?
Pietro era un uomo fragile. Però nascondeva la propria fragilità dietro un sincero entusiasmo e una sincera adesione a Gesù. “Da chi altro andremo per ascoltare parole di vita eterna?”. La sua fragilità non poté nascondere a se stesso, quando rinnegò Gesù, nella portineria di Caifa: pianse amaramente.
Eppure Gesù ha il coraggio della fragilità di Pietro. A Gesù nessuna fragilità fa paura, Egli sa che ogni fragilità può essere accettata e sfruttata per il bene, perché alla fragilità umana (propria e degli altri) connette la bontà e la potenza del Padre. Per Dio tutto è possibile.
Il nostro coraggio dell’essere fragili non nasce dalla fragilità, ma dall’azione del Padre in noi. “Tutto posso con Colui che mi inietta energia”: dice Paolo.
Il coraggio della fragilità, è un dono dello Spirito, perché sono beati i poveri e i miti.
Pietro, per riprendere coraggio, fa leva su ciò che anche le persone più fragili possono vantare: “Tu sai che ti voglio bene”, Pietro dice a Gesù.
L’affetto, anche quando ci sentiamo fragili, anzi proprio quando ci sentiamo fragili, ci spinge a fidarci sempre più della persona che amiamo. Fragilità unita all’amore, e rivolta alla bontà di Dio, ci conduce alla certezza che noi possiamo risorgere da ogni abisso.
GCM 29.06.08