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Visibilità

Il confine tra visibilità e pubblicità è tenue. Spesso la visibilità tracima nella pubblicità, e la pubblicità invade la visibilità.

Per il cristiano esser visto fa parte del suo compito: “Vedano le vostre opere buone” dice Gesù. E lui stesso avverte: “Chi si vergognerà di me davanti agli uomini, io mi vergognerò di lui davanti a mio Padre”.

Paolo avvertiva il discepolo di parlare a tempo debito e fuori tempo.

Sfuggire alla visibilità è dimenticare la propria missione cristiana.

La tentazione della pubblicità, oggi è rischiosa. Il Vangelo non è un genere di commercio, un’imposizione tramite persuasori occulti. Esso è annuncio, non spettacolo.

Un rito spettacolarizzato è teatro, non chiesa. La chiesa è comunione, non fiera delle vanità.

Tra l’obbligo di “confessare” Gesù, ossia di manifestarlo, e la tentazione di mostrare di essere chiesa, di essere forti e presenti, corre una enorme differenza.

Mi chiedo se certi spettacoli, come i fuochi d’artifizio all’apertura dell’anno santo, siano visibilità o pubblicità, ossia un palesare Dio attraverso la nostra opera, o un vantarci su di noi.

La discrezione e il discernimento ci aiutano a comprendere le parole del Profeta, riportate anche dall’Evangelista: “Porrò il mio spirito su di lui e pronuncerà il giudizio ai pagani. Non litigherà e non urlerà, né si udrà la sua voce nelle piazze. Un ramoscello incrinato non spezzerà, e non spegnerà una candela fumigante, fino a che non spinga il suo giudizio a vittoria, e i pagani non sperino grazie alla sua persona”. (Mt 12,18)

GCM 27.05.05