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Riforma

Le riforme nella chiesa sono innumerevoli. A iniziare da S. Paolo, che inizia la riforma della chiesa universalistica, quella aperta ai pagani, ossia  a tutti.

Gli ordini monastici sono riforme.

Francesco d’Assisi è uno squisito riformatore.

Lutero è un riformatore della chiesa di Gesù, non volendo egli essere contro Gesù e la sua chiesa.

Le riforme avvengono in un periodo della storia, per sovvenire alle necessità emergenti in quel periodo, con i mezzi stimati i più consoni a quell’atmosfera sociale.

Poi avviene l’errore: l’assolutizzazione delle riforme. E queste, a poco a poco, diventano statiche e necessitanti di nuove riforme.

L’assolutizzazione delle riforme crea l’intossicazione del corpo sociale, che si anchilosa e si blocca.

Nel Concilio Vaticano secondo, riemerse impetuosa la frase “ecclesia semper reformanda”. Però quando lo spirito del Concilio divenne legge canonica, perdette lo slancio, si assolutizzò in una legge, e ora attende un’altra riforma.

La ribellione è novità nella discontinuità: in essa cadde anche una parte dell’opera di Lutero. La riforma è novità nella continuità.

Continuità: evidentemente nello spirito assiologico, non nelle forme storiche.

E’ sufficiente ripercorrere la storia, per renderci conto della riforma come novità nella continuità.

Gesù è maestro: prima seguì Giovanni Battista, poi (sempre sulla linea della salvezza che viene da Dio) trovò la propria strada, all’inizio in Israele, poi nel mondo.  

GCM 17.04.05