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Noi regalo

“La volontà di mio Padre che mi ha incaricato è quella di non perdere nulla di quanto egli mi ha dato”. Sono parole rassicuranti di Gesù.

Il Padre, quindi, ci ha donati a Gesù. Questo modo di parlare richiama il fatto che il re donava a suo figlio un bene: era l’elargizione del re, il dono del re.

Noi siamo il dono di Dio a suo Figlio. Nulla di più bello e di più grande il Padre poteva donare a suo Figlio. Il Padre fa una duplice elargizione. Dice Gesù: “Il Padre ha tanto amato gli uomini, da donare suo Figlio”. “Io non perdo ciò che lui mi ha dato”. Il Figlio è dato agli uomini. Gli uomini sono dati al Figlio. Regalo da lui “custodito” con cura.

Conseguentemente noi siamo il dono più bello che il Padre abbia dato al Figlio, e il Figlio è il dono più grande che il Padre ha fatto agli uomini. Una reciprocità mirabile.

E perché il dono al Figlio fosse degno del Figlio-Dio, lo Spirito Santo ci ha trasformati in figli, partecipi della divinità.

Siamo belli e grandi. Ma non ci accorgiamo, né ci gloriamo di quanto siamo sublimi. Il nostro splendore è oscurato anche per noi.

La nostra grandezza e bellezza è stata dimenticata, per la secolare coltivazione del senso del peccato. Perfino una semplice distrazione durante la preghiera, un’immagine sessuale erano tacciate di peccato. Tuffati sotto il sole di Satana, secondo Bernanos. Peccatori fin nelle nostre entragne, secondo Agostino e Lutero.

E così è scomparsa quella gioia del saperci noi divinizzati regalati al Figlio di Dio, la gioia di far contento colui, che è la radice di ogni gioia.

GCM 15.04.05