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Il tormento delle formule

Perché imporci i salmi (alcuni bellissimi!) come preghiera, anche quando sono lontani dallo spirito di Gesù, che ci esorta ad amare i nemici, e ad essere convinti che Dio ci ama e non crea il male?

Perché, per esempio, farci recitare il salmo della compieta del venerdì? Non ci potrebbe essere risparmiato il terrore?

Dobbiamo - pena grave disobbedienza - dire delle cose che non collimano con il nostro sentire cristiano e con la chiara parola di Gesù. E’ obbligo morale disubbidire a un’imposizione dei liturgisti, che non tengono presente quanto certi salmi sono lontani da quel Gesù che afferma: “Vi fu detto... ma io vi dico...”

Nello specifico:

“E’ tra i morti il mio giaciglio - sono come gli uccisi nel sepolcro - dei quali tu (detto a Dio) non conservi il ricordo - e che la tua mano ha abbandonato”. Posso ravvisare in questo mio Padre?

“Mi hai gettato nella fossa profonda - nelle tenebre e nell’ombra di morte. - Pesa su di me il tuo sdegno - e con tutti i tuoi flutti mi sommergi.” E’ questo un Dio, il mio Dio, che mi ama?

E poi: “Nelle tenebre si conoscono i tuoi prodigi?” “Signore, perché mi respingi?”. “ Sopra di me è passata la tua ira”. “I tuoi spaventi mi hanno annientato” e altri fiori simili: ”oppresso dai tuoi terrori”.

Non potevano i liturgisti risparmiarmi dal dire questi sentimenti? O vogliono che io legga queste depressioni, pensando ad altro per distrarmi e non coricarmi nel terrore? Il dono delle distrazioni durante la preghiera ufficiale, per restare unito al mio Dio?

Beati i laici che non sono obbligati a simili preghiere, e possono pregare in libertà di spirito! O qualche cosa cambierà?

GCM 03.03.12