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Dolcezza senza fine

Talvolta quando meno ce l’aspettiamo, ci sentiamo travolti in un mare di dolcezza.

Una dolcezza, riservata soltanto a colui che crede. Proprio: “dolcezza senza fine alla tua destra”.

Per esempio, si sta facendo messa. Un momento culmine della messa - e non è l’unico - è la santificazione del pane e del vino, quella che inesattamente usa dire “consacrazione”.

La comunità, obbedendo alla volontà di Gesù, chiede a Dio, attraverso il compito del presidente, di rinnovare la presenza di Gesù nel pane e nel vino.

La Chiesa chiede di effondere lo Spirito sul pane e sul vino, e in quell’occasione il Padre acconsente: ed ecco Gesù. Sembra quasi, agli occhi di noi, povera gente che non sappiamo come esprimerci, che il Padre obbedisca, come per un impegno assunto con la “sua” Chiesa, alla richiesta dei credenti, colà presenti.

Il cuore si dilata e si commuove: Gesù è con noi! Non possiamo desiderare di più.

La commozione aumenta per la sollecitudine del Padre.

Subito troviamo e viviamo con riconoscenza quella che, nella nostra miopia, stimiamo una condiscendenza del Padre, e stiamo per ringraziarlo: “Grazie per esserti degnato di venire in noi, con la tua affabilità!”. Invece una voce ci dice: “Ma non ricordate che io sono Padre, e che è mia felicità stare con i miei figli?”. E allora si scoppia di amore.

Con noi il Padre, tramite l’Eucarestia, vive la dolcezza senza fine di essere Padre, e ricordiamo che su di noi, uniti nella messa, Egli continua a vivere quell’intramontabile scoppio d’amore: “Questo è il mio figlio, l’amato; di lui io mi compiaccio!”. Il resto della messa è un sorriso!

GCM 26.08.11, pubblicato 12.01.12