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Due miracoli

Giornata, o festa, della donna. Offerta di mimose o di fiori.

Credevo, stamani a messa, di vedere un assieparsi di donne. Invece nessuna in più delle solite presenze. E’ vero: io non offrivo mimose. Offrivo il massimo che si possa offrire in questo mondo. Offrivo Dio in Gesù!

Perché questo eccesso di offerta e di dono viene snobbato? Tutti i credenti sanno che nell’Eucarestia c’è la reale presenza di Gesù. Tutti i credenti sanno che solo Gesù è un dono che salva. E poi?

Forse hanno paura di un dono troppo alto. Forse si credono indegni, o forse la nostra pigrizia è più forte dell’amore di Gesù, che si dona.

La chiesa è qui, per donare Gesù, e, in Gesù, la grazia della felicità e dell’eternità.

Insomma: mimose sì, Gesù no. Per poter essere continuamente dono, Gesù ha costruito una chiesa, nella quale si stabilisce lui per sempre. Nella chiesa ha immesso due grandi possibilità: il creare e il fomentare la sua presenza nell’Eucarestia, e il trasmettere il perdono di Dio. E l’invogliare, con questo, il perdono tra gli uomini.

Due doni, che sono due autentici miracoli, posti nel seno dell’assemblea chiesa. Il miracolo di trasformare pane e vino in presenza di Gesù, tramite delle semplici parole. Miracolo, che non è collocato solo nella mani del prete, ma è proprio di tutta l’assemblea celebrante.

E il miracolo del perdono, o della cancellazione, del peccato in nome di Dio stesso, tramite la parola di assoluzione.

GCM 08.03.11, pubblicato 19.05.11