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Signore con voi

Usa tradurre “Dominus tecum” (dell’Ave Maria) con l’indicativo: “il Signore é con te”. E usa tradurre il “Dominus vobiscum” (della Messa e dell’Uffico delle Ore) con un congiuntivo ottativo: “Il Signore sia con voi”.

Si tratta forse di un’incongruenza, o di una svista dei traduttori?

Eppure le due frasi latine, prive del verbo secondo il radicale uso semitico, sono affini, con lo stesso significato.

“Il Signore è con te” viene detto a Maria, perché ella ha già ricevuto la grazia, ossia la presenza di Dio, poiché è stata graziata (piena di grazia, dice il testo latino, mentre il greco mostra colei che è oggetto passivo di un dono che le è stato elargito). Ad ogni modo, il Signore è con lei, perché appunto l’ha dentro come dono. E così le due frasi si rivelano sinonimiche, come era uso fare nell’ambiente ebraico.

Perché, allora, la stessa logica non la si applica al “Dominus vobiscum”? La prima risposta è ovvia: perché nell’andare del tempo e nell’afffievolirsi della fede nel Padre, il significato originario e la forza della frase sono andati smarriti.

All’inizio della Messa si afferma che la presenza di Dio è nella comunità, che è radunata dentro l’essenza di Dio: ossia nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Perciò quel “Signore con voi” è una frase parallela al “nome del Padre”.

Proprio come “piena di grazia” (nel nome del Padre), che richiede il “Signore è con te” (il Signore è con voi ).

Questa certezza della presenza del Signore con noi, è svanita?

Ma una situazione comica, quasi un teatro dell’assurdo, accade alla fine della Messa. Tutti abbiamo Gesù Eucarestia dentro di noi, e ci sentiamo augurare, come se il Signore fosse lontano, che il Signore sia con noi!

GCM 11.10.10, pubblicato 29.11.10