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Pregare con criterio

La preghiera potrebbe ridursi a una sfida al Padre, a un ricordargli di fare il suo dovere di soccorritore, o addirittura di tappabuchi.

La classica forma di questo tipo di preghiera è il “Sii buono con me”. Come se Dio fosse cattivo e noi gli chiediamo di cambiare atteggiamento, di rettificarsi, di fare finalmente il suo dovere.

La preghiera ha due facce: quella che riguarda Dio, e quella che riguarda l’uomo. Il “Padre nostro” è un chiaro esempio della preghiera: lode a Dio, alla quale ci adeguiamo riconoscendo che è santo e che rende, soprattutto in Gesù, unica la dinamica tra cielo e terra; poi richiesta di aiuto per vivere e per sentire la gioia.

Quando guardiamo a Dio, l’unico atteggiamento è quello di riconoscere la sua divinità. Perciò mai “sii buono” , “ricordati di avere pietà”, “dimentica il mio peccato”, e così via. Infatti Dio è sempre buono, Dio è sempre misericordioso e da sempre è il perdonante. Incitarlo ad essere se stesso è come dirgli, con il salmo: “Perché dormi?”.

In realtà tutte le preghiere di “esortazione” al Padre, nascondono la lode. Esse potrebbero trasformarsi (e dovrebbero trasformarsi!) in dichiarazioni della bontà e della grandezza del Padre.

Per esempio si prega il Padre di aver pietà dei poveri e di aiutarli. In realtà Dio è sempre misericordioso, non può per natura non essere misericordioso, quindi pregarlo di diventare benigno è una solenne stonatura. La preghiera va interpretata (e, perché no?, cambiata) in “riconosciamo la tua misericordia e il tuo amore per i poveri, tu che hai creato le ricchezze di questo mondo per tutti i tuoi figli, aiutaci ad aver misericordia per i poveri e diventare interpreti della tua bontà”.

GCM 16.04.10  - pubblicato  19.06.10