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Due perdoni

“Perdona a noi le nostre colpe, e infatti noi stessi perdoniamo a ognuno debitore verso di noi”.

Come sappiamo sono frasi dell’insegnamento riguardo alla preghiera, come sono recensite nel Vangelo di Luca.

Dal perdono di Dio, apprendiamo il nostro perdonare. Dall’aver sperimentato il perdono di Dio, desumiamo la regola del nostro perdonare.

Strano! Noi perdoniamo “di cuore” molto lentamente, con successive imposizioni su noi stessi. Dio perdona in un istante. Eppure dal suo perdono deriviamo il nostro perdonare.

Ma quale è la nostra esperienza del perdono di Dio? Come scopriamo di essere perdonati, dopo aver premesso il nostro pentimento?

Dipende dalla nostra fede. Il perdono di Dio, infatti, non è costatabile: è solo creduto. E’ nella fede che crediamo di essere perdonati. Allora dobbiamo cercare nell’orizzonte della rivelazione la qualità, e anche la dinamica, del perdono di Dio.

Quando siamo sicuri di essere perdonati, allora viviamo quel “buon umore” che ci abilita a perdonare.

Certamente il paradigma del perdono di Dio è manifestato nella parabola del figlio prodigo. Quel figlio che, con il peccato, sperpera la ricchezza del padre. La ricchezza paterna è consumata, ma non è franato l’amore del padre.

Possiamo noi amare tanto da riuscire a perdonare? Se il perdono si basa sull’amore, come perdonare? Vale, come base del perdono, quell’ “amare i vostri nemici” che pur troviamo espresso nel Vangelo?

Una cosa è sicura: il perdono di Dio e il nostro perdono sono correlati. Come sono correlati l’amore di Dio e l’amore del prossimo.

Però la forza del perdono, della fede e dell’amore uno solo ce la può dare: lo Spirito Santo, se a lui ci rivolgiamo.

GCM 07.10.09