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Pregare

Pregare: è la zona franca dentro le turbolenze del consumismo e dentro le esasperazioni crescenti dell’attivismo. Perfino i frati, che passano dalle molte attività delle parrocchie, alla serenità della vita conventuale non sempre riescono a trovare la serena distensione del pregare.
Pregare è tirare finalmente un bel respiro lungo, dopo i brevi sorsi d’aria possibili dentro l’accavallarsi delle numerose corse.

Pregare, anche quando non sorge il gusto per la preghiera. Proprio nel deserto della freddezza, sorge “il germoglio” invisibile e pieno di spirito della preghiera.

Per pregare bene, non occorre “saper pregare”. Non serve la scuola, né serve la pratica della preghiera. Pregare è il semplice rilevare di trovarsi con Dio, in Dio.

Trovarsi in Dio è la situazione connaturale del credente in Gesù. Il credente in Gesù, è diventato figlio nel Figlio, perciò è nell’intimo della Trinità: in Dio. Il semplice percepire, nella fede, di essere in Dio, è già autentica preghiera.

La preghiera può servirsi anche delle idee e della parola, che esplicitano alla nostra limitatezza il semplice essere in Dio. La preghiera fatta parola, redime ed eleva le parole che possono assurgere in preghiera, le formule in amore.

Allora appare più stagliato il valore di pregare per gli altri. Se la nostra preghiera è preghiera di Figli nel Figlio, allora chi prega per gli altri invia a colui per il quale prega, lo stesso Spirito del Figlio. La preghiera sincera per gli altri - il più grande dono natalizio che possa immaginarsi e attuarsi - arricchisce di Spirito Santo la persona indicata, e se questa è un “nemico” si realizza il Vangelo che dice di pregare per i nemici. Pregare perché al nemico vada tutto bene, affinché si trovi bene con se stesso, e quindi con gli altri.

GCM 20.12.07