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Canti gioiosi

Le nenie liturgiche. Spesso, in chiesa, la gente esegue dei canti lenti, stiracchiati, anemici. Canta come prega: ripetendo senza anima e senza intelligenza.

Le nenie, ossia i canti lenti e stanchi, perseguono una chiara finalità: far addormentare i bambini. Le nenie liturgiche servono ad anestetizzare la gente, affinché non si permetta di sentire emozioni, dolori o entusiasmi, durante la messa.

Il canto è pericoloso. Infatti se la gente, durante una messa, fosse presa dalle emozioni, potrebbe cadere in quell’orribile delitto (secondo i liturgisti, povera gente!) che è la creatività.

Paolo non era un liturgista e ai fedeli di allora riconosceva libertà di espressione (le lingue!): soltanto indicava un loro uso attento alle esigenze della comunità.

Il canto liturgico, che non si appiattisce al livello di nenia, è un’espressione di emozioni. Per sua natura il cantore è mosso dalle emozioni, oppure crea emozioni: gioia, dolore, compassione, giubili...

I canti di gioia, quelli pasquali in particolare, non possono essere cantati lentamente. Se lenti, sono bugiardi.

I canti della messa sono tutti canti di gioia, perché sono canti di riconoscenza (eucaristici davvero!) e di meraviglia. Alla messa ci si reca non per lamentarsi, ma per ringraziare. Soltanto all’inizio della messa, quando si esprime il pentimento (ma sempre unito alla gioia dell’esser perdonati!), può essere usato - ma per breve tempo - un canto lento.

Dopo, è tutta un’esplosione di gioia! Anche la “messa per i defunti” è gioiosa!

CGM 25.04.05