Pragmatismo e politica

A differenza di quanto affermava Platone, oggi qualcuno si vanta di essere un vero politico, perché è un tipo pragmatico.
     È anche questa un'opinione da annoverare.
     Leggo nel Dizionario della Lingua Italiana:
     "Politica: teoria e pratica che hanno per oggetto l'organizzazione e il governo dello stato; insieme dei fini cui tende uno stato e dei mezzi impiegati per raggiungerli".
     "Pragmatico: che si riferisce all'azione, all'attività pratica; caratterizzato dal prevalere degli interessi pratici sui principi, i valori ideali".
     "Pragmatismo: corrente filosofica, secondo la quale qualsiasi teoria o speculazione non ha un valore teoretico, oggettivo, bensì un valore pratico, vale cioè, e in questo senso è vera, se è utile, se serve alla vita, all'azione, alla libera creatività dello spirito umano".
     Domanda: può un puro pragmatico essere un politico?

L'Iraq è una dimostrazione concreta. Saddam Hussein e Bush sono dei pragmatici. Quello dei due che ha vinto, secondo il pragmatismo, ha ragione, ha in mano la verità, poiché è riuscito a compiere una cosa "utile". E quindi morale? E quindi politica?
     La politica guarda "l'insieme dei fini", la pragmatica guarda solo l'unico fine dell'utile, ossia del tornaconto, che sia morale o meno non riguarda il pragmatico.
     Il politico cammina, il pragmatico si divincola.
     La politica richiede un retroterra: visione del bene comune (oggi del mondo intero) e dell'armonia degli scopi. La politica, che non si basa sulla cultura (storica prima di tutto) ed etica (agire per l'uomo, non contro l'uomo, anche se questo è un nemico), tradisce se stessa.
     La pragmatica tradisce la politica, non l'esalta.
     La politica ha lo sguardo lungo la pragmatica si ferma al momento. Il disastro ecologico è figlio della pragmatica, nemico della politica.  

GCM, 24.04.03