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Paura e persecutori

Gesù fu combattuto, perseguitato e ucciso, perché i suoi avversari lo temevano.      Chi ha paura perseguita e uccide, perché teme che il suo prestigio e il suo interesse siano minati.
     Gesù non agiva per interesse né per prestigio. Poteva conquistare un posto di re, la grandezza di Messia, il dominio della terra: rifiutò ripetutamente queste prospettive. "Sono venuto perché abbiano vita e l'abbiano abbondantemente!" così dichiarava la propria missione.

I suoi persecutori avevano paura: "Verranno i Romani e ci annienteranno". La gente seguiva Gesù, che offriva una dottrina sgorgata da un "mite e umile di cuore". Ma intanto i suoi persecutori temevano di perdere credito e adepti.
     Gesù non incuteva paura. Tuttavia anziani, sacerdoti e scribi nutrivano paura di lui. Essi temevano Gesù non per ciò che Gesù era, ma per come essi lo immaginavano. Erano guidati dall'immaginario perverso e debole, pauroso e aggressivo, e perciò avevano paura di Gesù.

La stessa paura che tutti i persecutori, quelli dei lager o quelli dell'ufficio dove lavoriamo, nutrono verso le persone rette e miti.
     Se siamo comunque perseguitati, stimiamo paurosi i nostri persecutori, perché temono che la nostra opera e la nostra presenza minaccino le loro ambizioni, il loro orgoglio, i loro interessi. Allora ci troviamo automaticamente nel versante di Gesù, il che produce serenità e gioia!
     Va aggiunto che il nostro immaginario, a sua volta, può produrre in noi almeno due guasti: immaginare Dio minaccioso e "perseguitarlo" sfuggendolo ( il che è offesa grave al suo amore); immaginare i persecutori tanto minacciosi, da combatterli con la vendetta.  

GCM  28.08.03