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Due novità

Le novità sono indice che il tempo e l'uomo non si sono arrestati.
Amare le novità, correre con esse, anche quando si è anziani, e il fiatone ci avverte che la morte ultima è più vicina, è un dono di Dio, Signore della storia.

La novità ci meraviglia e ci fa respirare.
Meravigliarsi è proprio dei cuori liberi e freschi: è la professione dei bambini. Meraviglia per il nuovo, non sgomento.
Per tutto il nuovo?
Forse no. C'è un nuovo con radici e un nuovo senza radici. Un nuovo che non solo si radica nel passato, ma esprime e manifesta questo radicamento, un nuovo che è abbellimento e innovazione: un nuovo che sente sulle spalle tutta la bellezza del passato e la reinterpreta.

Il nuovo senza radici è il nuovo per il cambiamento, adorato per se stesso. Questo è un nuovo idolatra di sé, non a servizio dell'uomo, ma appagato narcisisticamente di sé. E' un nuovo commerciale, effimero, che suscita sorpresa e non lascia segno. Un nuovo da consumare per la ricchezza di altri, per l'ostentazione di fatue capacità creative.

La capacità di intelligenza si misura anche dal riuscire a distinguere il nuovo radicato e perenne, ossia lanciato in avanti ed esaltante il passato, dal nuovo fallace, impaludato, e urlante per il piacere di udire la propria voce e compiacersene.
Oggi, nel canestro del consumismo, viene gettata anche una sedicente arte e una fasulla religione.
Cristo è la più grande novità che ha lasciato il segno. Il Risorto che corre con il tempo (non quello asfittico del ritualismo), e che continua a puntare l'indice ancora più in là: sulla parusia e sull'escatologia.

GCM 16.04.04