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Quel che manca

Gesù è l'unica speranza che ci rimane. Quando abbiamo raggiunto ciò che immaginavamo fosse la nostra felicità, o almeno la nostra soddisfazione, sentiamo che ci manca sempre qualche cosa. E tutta la vita inseguiamo quel qualche cosa, che non comprendiamo quale sia.

A un certo punto ci si accorge che quel qualche cosa è semplicemente la vita. E veniamo a conoscenza che anche la vita ci viene a mancare.
     Allora disperatamente vogliamo sfruttare gli scampoli di vita che ancora ci rimangono. Ma come?
     La mentalità classica e romantica esaltano le "nobili imprese", che resteranno nella memoria dei posteri. Ma quando non ci saremo più, non ci interesserà affatto di ciò che pensano i posteri, e già da oggi è facile accorgerci che di tutti i miliardi di persone che sono vissute, noi stessi ne ricordiamo bene o male un centinaio: forse non conosciamo neppure il nome dei nostri bisnonni.

L'epicureismo ci suggerisce di ricavare il massimo piacere (intellettivo, emozionale, fisico) dalla vita che ci resta. Poi si invecchia, cervello emozioni fisico non funzionano più e non rimane che il rimpianto o il suicidio.
     Il disincanto pratico ci indica di ricavare giorno per giorno quello che ci capita, vivendo appunto alla giornata. Poi le giornate ci offrono sempre meno occasioni, e il vivere si rinsecca e rattrappisce.
     "Quando eri giovane eri libero di fare ciò che volevi; quando sarai vecchio altri ti condurranno": avvertimento di Gesù a Pietro.

L'intelligenza sta nello scegliere "quest'altro". "Chi magia la mia carne, ha la vita eterna". Se davvero crediamo a queste parole, la nostra vita è rilanciata, e può sperimentare l'anticipo dell'eterno. Unico modo per acquistare ciò che "ancora ci manca".

GCM, 10.08.03