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Casa o caserma

Alcuni decenni or sono, nelle norme previdenziali, le persone che erano al servizio dei conventi e delle caserme dei carabinieri avevano lo stesso trattamento.
La faccenda sembrava strana: caserme e conventi equiparati.
Con il tempo ho imparato che tutte le piccole convivenze possono essere o case o caserme.
Spesso ho incontrato caserme, dove imperversava il caporale o il maresciallo di turno, che impediva il movimento dei componenti, pretendeva di guidare gli altri con le briglie (perfino con il pretesto della "santa" obbedienza: vedi dove sta la santità!), e non sapeva arricchire se stesso con la libertà degli altri.
Le leggi, se interpretate dal capo, diventavano catene per soffocare, anziché aiuti per potenziare il lavoro e la libera iniziativa di tutti: l'unico capace di idee era il caporale. Nelle caserme regnava la passività del "signorsì", e le piccole libertà che tutti si prendevano di nascosto, avevano una dinamica analoga a quella della masturbazione.

Molto meno frequentemente ho incontrato case, dove tutti godevano per i risultati di ciascuno, che fossero stati favoriti.
Case dove la gioia e la lode per le iniziative costruttive, erano all'ordine del giorno, in un godimento perenne, che alimentava la vitalità di ciascuno, rendeva la vita più facile, cancellava dai volti soddisfatti la mutria per stampare sorrisi.

Ho udito preoccupazioni e lamentele a non terminare per il cosiddetto calo delle vocazioni religiose.
Osservo: le vocazioni sono chiamate di Dio, e sono in crescita incalcolabile, perché la più importante chiamata di Dio è la libertà.
Osservo: quale prospettiva di gioia, di stima, di riconoscimento danno le convivenze militari, civili, religiose e anche familiari?
Certo le nuove generazioni non sono attratte dal fatto che l'obbedienza dovuto solo al Dio che chiama, poi i cosiddetti superiori le sottraggono a lui, per impadronirsene.

GCM, 18.04.03