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Fraternità a favore degli altri

      Una delle conseguenze dell'amore aperto è l'espansione. È una conseguenza, ed è una caratteristica.
     Le comunità di suore e di frati, per essere trinitarie, ossia autenticamente cristiane, non possono restare chiuse.
     Perciò esse sono fraternità (si dice proprio così, secondo il linguaggio di S. Francesco d'Assisi) in vista degli altri, ossia dell'impegno cristiano. Sono conventi in mezzo alla gente, per essere lievito.

     Si richiede da loro una intensità di unione (fraternità) e una forza di propulsione (missione, ossia impegno con e per gli altri). Sistole e diastole.
     Purtroppo le fraternità, sono spesso tali soltanto di nome. Esse talvolta si riducono a essere convivenze, non animate da comunione, ma sorrette da leggi.
     I membri di una convivenza non si impegnano a conoscere, a stimare, a rispettare la personalità e le capacità degli altri. l'altro non è un valore in sé, ma meramente un numero nel gruppo. La convivenza tende a omogeneizzare tutti dentro lo stesso standard, dettato dalle leggi. Soldatini di piombo; se no, l'ostracismo morale.

     La fraternità invece è comunione. Ma non vi può essere comunione tra estranei. La reciproca considerazione e accettazione deve regolarsi sulla Trinità. In questo la Trinità è unita: quando le singole persone sono veramente distinte e "riconosciute" per le loro funzioni di relazione: sono uno perché il Padre non è il Figlio, né questi è lo Spirito Santo: la distinzione crea la dinamica dell'unità, e non quella della semplice unione.
     Una fraternità che non riconosce la diversità,   ma pretende l'omogeneizzazione, non sarà mai unita, tanto da essere solida pedana di lancio per la missione. Invece una fraternità unita dalla diversità, esporterà nella missione la felicità e la ricchezza del riconoscimento dei singoli.

GCM        04.01.02