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L'uomo diviso

L'uomo è la continua contraddizione di sé stesso. "Vedo il bene, l'approvo, eppure continuo a seguire le cose peggiori". Il Qohelet è limpido nel rivelare la contraddizione (cioè la vanità) della vita umana.
     Questa contraddizione ogni cultura ha tentato di definirla. Il mito adoperato dalla Bibbia ci presenta il peccato di Adamo, che più tardi sarà specificato come peccato originale. Induismo e neoplatonismo presentano la "caduta". Il buddhismo e il monachesimo si soffermano sulla "passione". Freud ricorda il disagio della civiltà. Gli esistenzialisti ricorrono al termine "angoscia". Marx accusa il capitalismo e la ricchezza.

Tutti nobili tentativi per dire che l'uomo si sente a disagio nella propria pelle.
     Paolo, affranto, urla: "Chi mi libererà da questa natura di peccato?". E si dà anche la risposta: "La grazia di Cristo". Egli osserva che in Gesù non c'è la contraddizione del "sì e no", ma in lui è tutto "sì".
     Io non riesco a svincolarmi dalla contraddizione personale nutrita di luce e di tenebra. Gesù, tutto intriso della luce di Dio, è riuscito a superare dentro di sé la contraddizione esistenziale.

La mia pretesa di essere puro, corredata anche da ascetismo cristiano o buddhista, non approda che ad un superamento immaginario della contraddizione.
     Non mi resta che aggrapparmi a Gesù, o arrestarmi nella contraddizione. So che i miei sforzi, pur necessari, non approderanno a nulla se lo Spirito Santo non dirige la rotta.
     Allora in me fiorisce l'ottimismo. Non l'ottimismo di chi presume di essere innocente, ma l'ottimismo pacato e sorridente dell'essere stato perdonato, e la sicurezza che quando risorgerà in me la contraddizione (emblema della quale è il peccato) potrò sempre contare sul perdono. Quello di Dio.

GCM   27.08.03