Grandi cose

Dopo l'annuncio dell'angelo, secondo le magnifiche suggestioni del Vangelo di Luca, Maria accetta di essere madre: avvenga di me conforme alla tua parola.
     Doveva avvenire un duplice fatto: diventare madre, credere che a Dio nulla è impossibile. Ancora una volta ci troviamo a contatto dello sperare contro ogni speranza.
     L'evangelista fa esprimere all'angelo un cumulo di esorbitanti grandezze del figlio che Maria avrebbe dovuto procreare. Eppure le obiezioni di Maria non sono del tipo "io sono troppo debole per un compito così arduo!". Ella obietta: "Non ho rapporti con un uomo!": Obiezione terraterra, semplice, su misura di una ragazza.

L'angelo insiste sulla grandezza: Dio intero viene con il suo Spirito, perciò tuo figlio sarà costituito (nominato) figlio di Dio. Maria non si spaventa per la grandezza: rassicurata dalla parola di Dio, accetta.
     La nostra vita di credenti è un instancato richiamo a cose grandi. La grandezza di essere figli di Dio, di udire ogni giorno Dio che ci parla, di nutrirci di Eucarestia (corpo di Gesù), di vivere la gioia di essere salvi. La nostra grandezza è pari a quella di Maria. Perciò il suo esempio ci è maestro.

Ma noi non badiamo seriamente a quel "per Dio nulla riesce impossibile!". Perciò anziché godere della grandezza, che Dio ha generato in noi, preferiamo dimenticare costantemente l'opera di Dio, per immelmarci nei nostri piccoli odi, nelle piccole reazioni, nel costruire continue ostilità verso gli altri...
     La nostra vita, che è destinata a essere un tripudio di riconoscenza inneggiante, diventa un antro di volgarità, di scontentezza, di litigi, di ambizione e di invidiuzze.

In chiesa, la domenica, dichiariamo (probabilmente con la testa fuori chiesa) che Dio è "Padre onnipotente", ma poi lo lasciamo cuocere nel brodo della sua onnipotenza, non accorgendoci che "Egli grandi cose ha fatto in me, perché Egli è Dio, il Santo".

GCM 25.03.04