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Gesù il mio io e il mio tu

Noi guardiamo Gesù non solo per apprendere dal suo comportamento, ma principalmente per apprendere il suo comportamento.
     "Rivestitevi di Cristo", ci suggerisce l'apostolo. Il rivestirsi, a prima vista, può semplicemente significare: resta quello che tu sei, e atteggiati ad altro. Quindi il rivestirci si riduce a recitare Gesù, come attori.
     Paolo e gli apostoli ci aiutano: "Rivestitevi di umiltà, pazienza, ecc". Non si tratta di atteggiamenti superficiali, ma di qualità interiori.
     Paolo ci comunica: "Vivo io, ma non più io: in me vive Cristo". E' il risultato finale del rivestirci.

Gesù è il grande dono del Padre. E' colui che ci fa restare in dialogo, anche quando ci raccogliamo "da soli". Il silenzio non ci induce a incontrare solamente noi nel nostro bozzolo, ma ci abilita a incontrare Lui,
Gesù. Gesù, infatti, è un dono permanente di Dio nei nostri cuori.

Sto leggendo un libro di spiritualità. Esso non dice nulla di più di quanto leggo negli scrittori cristiani antichi, o nei classici manuali cristiani di ascetica e di mistica. Ha soltanto dei pregi e, a parer mio, un difetto.
     I pregi: la comparazione della spiritualità cristiana con spiritualità non cristiane, soprattutto orientali (fenomenologia comparata della spiritualità), e le citazioni di scoperte scientifiche moderne.
     Il difetto: nell'apice della propria vita spirituale, la persona si ritrova sola con sé stessa, non comunica con nessuno perché paga del benessere raggiunto.
     Quando, invece, la spiritualità cristiana raggiunge la sua alta dimora, si trova in dialogo, accompagnata e compresa, approfondita tanto addentro nella sua radice ultima, da sperimentare il dialogo con Gesù, che è partecipazione al Padre e allo Spirito Santo.
     Dall'astrazione dell'io, alla concretezza di Dio.
GCM 21.09.03