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Paura del confronto

I nuovi politici e i nuovi preti talvolta hanno paura del confronto. Ci sono dei preti che non sanno più guardare in faccia le persone. Probabilmente perché sono molto modesti. Però la qualità della loro modestia si esterna, quando chiedi di parlare con loro: hanno fretta di terminare quanto prima il colloquio, come se gli scappasse di andare alla toletta. Oppure il colloquio li altera tanto da andare in escandescenza, per far tacere l'interlocutore.

La paura del confronto, impedisce di essere uomini.
     Il confronto è la cartina al tornasole della maturità di una persona. Il confronto si esegue in forme molteplici.
     Con il colloquio alla pari: ossia con la parola e l'ascolto da tutte e due le parti. Spesso una parte non sa ascoltare e riesce soltanto a chiacchierare e a rintuzzare ciò che l'altro dice: questa parte teme il confronto.
     Con lo scritto: lettere o articoli su giornali e periodici. Il confronto forse è meno brillante, ma offre spazi più larghi alla riflessione … purché riflessione sia.
     C'è un confronto più interiore: con la Parola di Dio. È il confronto che induce al ripensamento continuo, che non dà tregua, eppure ti accompagna con la speranza.

Questo confronto non è un esame di coscienza. Invece è un bisogno di esporci alla luce. Talvolta la luce abbaglia, ma sempre causa serenità e salvezza.
     È un confronto che si realizza nell'ambiente di salvezza, dove la certezza di essere amati domina su tutto. È un confronto d'amore, al di sopra della nostre paure di vergognarci e di essere condannati. È la certezza che la luce genererà anche calore, e il calore sostenterà continuamente la vita. Dentro questo colloquio diventa più agevole il confronto con noi stessi, sempre minato dalla voglia di nasconderci perfino davanti a noi.  

GCM, 25.05.03