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Offese riparate

Talvolta siamo chiamati a scegliere tra la rivalsa e la pace del cuore. Le offese, reali o presunte, che riceviamo suscitano in noi reazioni violente, se non siamo diventati di pietra. Allora nasce il bisogno di reagire, più o meno violentemente. Eppure in noi c'è un altro bisogno: quello di riacquistare la pace del cuore, quella pace che l'offesa aveva turbato.
     Due esigenze: reagire per allontanare il nemico e riconquistare la pace. Talvolta crediamo di riconquistare la pace equilibrata, attraverso la reazione. Ma la reazione non è un'azione di pace. La reazione è risposta violenta e una violenza subìta.

La pace avviene per altra via. Comincia con il riarmonizzarci dentro di noi, e si prolunga con il riarmonizzarci con l'offensore.
     A riarmonizzarci con noi sovvengono il silenzio e la preghiera: l'incontro più profondo con noi stessi e quello con Dio.
     Incontrare noi, ossia saper distinguere, anche emotivamente, tra la reazione superficiale e il nostro io profondo che l'offesa non riesce a colpire: per quanto offesi, noi restiamo noi, con tutte le nostre luci e le nostre ombre.

Riarmonizzarci con gli altri è meno facile. È complicato perché per armonizzarci con l'altro presuppone che anche l'altro voglia riarmonizzarsi con noi, proprio nel settore che lui stesso ha turbato.
     Luca: "Se ti chiede scusa, perdonalo!".
     Un'idea che aiuta ad armonizzarsi con gli altri, viene suggerita dalla Bibbia. Giuseppe, figlio di Giacobbe è violentato gravissimamente dal fratelli, che lo vendono schiavo. Però proprio l'offeso diventa salvezza per i fratelli, che hanno bisogno di lui. Ma a una condizione: che s'accorgano del loro delitto e siano disposti a soffrire per ripararlo.
     Quando Giuseppe s'accorge del loro pentimento, si commuove, si ritira e piange.  

GCM, 08.07.03