Non so nulla

A far del bene all'asino, si ricevono calci. Detto così, è un aforisma un po' crudo e pessimistico.
     Eppure qualche cosa di simile fu detto da un personaggio conosciuto, quando pregava: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno". Anche lui, che aveva fatto solo del bene, s'accorgeva che attorno a sé brulicavano gli ignoranti.
     Addirittura, con ironia, aveva detto: "Ho compiuto molte opere buone: per quale di esse mi uccidete?".

Già nell'Antico Testamento il rimprovero di Dio era esplicito: "Così ripaghi il Signore, o popolo stupido?".
     Si lavora per il bene di una comunità, e questa non trova nulla di meglio da fare, che radunarsi per mormorare e accordarsi nell'umiliare il benefattore, togliergli di mano le opere felici da lui compiute, e ridurlo alla paralisi.
     Gesù, pur conoscendo l'ingratitudine dei suoi più intimi e dei suoi nemici, non si ritrasse dal beneficarli. Testardo, lui che aveva indicato di vincere il male con il bene. A che pro? "Io ti ho dissetato nel deserto, e tu mi hai compensato ,amareggiandomi con fiele e aceto", si ricorda il Venerdì Santo.

È un bene che l'ignoranza prevalga sul nostro operare buono? Possiamo dar ragione agli ignoranti che ci attorniano, smettendo di operare? Oppure operare contro la loro volontà e trovarci in armonia con colui che ha fatto bene ogni cosa?
     "Tu ci tratti da ignoranti" diceva la gente al profeta. "Diamoci da fare per ucciderti!". Proprio la paura di essere stimati ignoranti è un inequivocabile segno di ignoranza. Chi è intelligente non nutre la paura di essere stimato ignorante. Egli invece è certo di essere ignorante. Certissimo.
     "Io mi giudico come un tale che non conosce niente, eccetto Gesù crocifisso".
     L'ignorante s'illude di sapere e giudica il prossimo e, se può lo danneggia in nome della pietà e della "santità". Il sapiente sa di non sapere, perciò né giudica, né danneggia.  

GCM, 15.07.03