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Spiritualità nel peccato

La SPERI si diletta a scoprire la spiritualità insita naturalmente in ogni manifestazione della vita umana: nel lavoro, nel divertimento, nella politica e nell'arte, ecc.
Siccome le malattia e il dolore, la deviazione e la tristezza sono esperienze umane, si cerca di estrarre la spiritualità anche da queste situazioni.
Altre situazioni ancor più dolenti percorrono la vita umana: il terrorismo, l'alcoolismo, la prostituzione, il peccato. Si può scoprire in queste situazioni la presenza della spiritualità?

Psichari narra, nel libro che racconta la sua conversione, come l'acciarino per la conversione alla fede cristiana gli venne proprio mentre era nelle braccia di una prostituta. Ci può essere una correlazione, oppure è soltanto un caso?
Nel peccato esiste una spiritualità?

Il peccato è un misero espediente per placare l'ansia e liberarsi dall'insignificanza della vita: è un "tirarsi su", cioè un cercare una certa salvezza. Una strada che persegue la salvezza, dove questa non abita. Una propensione a perdersi nell'inseguire la libertà, dove questa non s'è mai trovata.
Eppure il peccato è una spinta umana. In quanto spinta umana include una quantità di quoziente spirituale (QS).

Il Vangelo di Giovanni, e non solo quello, ci aiuta a compitare una prima risposta alla domanda se nel peccato esiste una spiritualità.
Gesù non condanna l'adultera, tuttavia la sollecita a non peccare più. Avrebbe potuto condannarla, invece ha letto in lei l'ansia, la paura, il terrore: tutti sentimenti questi a servizio della vita, e perciò farciti di spiritualità.
Gesù accosta la donna samaritana dai sette mariti. La invita a ritornare a lui con il marito. Il loro star assieme, pur irregolare, ha un significato. Anche nei divorziati sposati Gesù trova umanità … e da lì egli si muove per illuminare e salvare la donna.

Non è un rischio parlare di spiritualità nel peccato. Purché anche nel peccato si accetti la luce.

GCM 29.11.01