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Gesù uomo-Dio 4: i bambini

Gesù, rabbiosamente, ripone dentro la vera prospettiva i bambini nel loro rapporto con il "regno di Dio", che è lui stesso.
Dei bambini è il regno di Dio: quindi Gesù si sente "preda" dei bambini. Più tardi, quando starà per lasciare la terra, vorrà ancora essere "preda" dei suoi: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo" (la mia umanità, in aramaico: "gufa").
L'arrabbiatura tuttavia non gli fa perdere le dimensioni del proprio essere "rabbi" (maestro) per i propri discepoli sbadati. Anzi la rabbia rende più fluido il suo parlare, più spontaneo il far uscire ciò che dentro gli arde. Farà così anche quando, adirato, inveirà contro quei sepolcri dipinti che erano i farisei.

L'insegnamento ai discepoli è tanto solenne, quanto la dolcezza per i bambini è sentita.
"In verità vi dico". Ossia: "con forza divina affermo per voi".
"Chiunque non accetterà il regno di Dio come un bambino, non sarà entrato in esso".
Chi non avrà accettato Gesù con la libertà, con la corsa di un bambino, non lo potrà mai raggiungere.
E' uno schiaffo alla religiosa onorabilità dei discepoli. Gesù, mentre insegna, distrugge le sicurezze, capovolge le certezze di una cultura ormai assodata, di un catechismo sorretto dalla venerata tradizione.

Gesù, adirato, non è dolce neppure con i discepoli, con i quali doveva iniziare il nuovo Israele.
Eppure, una volta sfogata la rabbia, ecco farsi largo in lui la dolcezza. Abbattuta la barriera degli oppositori si trova finalmente nel regno di Dio con i suoi naturali abitanti. "E stringendo in braccio e imponendo le mani su di loro li benediceva". Faceva "discendere la benedizione" su coloro che abitavano la sua stessa casa.

/GCM 24.02.04/