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Gesù libero e perseguitato

Ho incontrato un'altra volta l'amico Angelo, quello che mi propone argomenti nuovi. Ecco uno dei suoi. Dice: Io invidio Gesù.
Egli non apparteneva a nessun gruppo religioso di allora, non emise voti, non aveva superiori, vescovi o cardinali al di sopra di sé.
Girava libero. Libero parlava. Libero bisticciava con i Farisei, con i preti, con altri.

All'inizio della sua carriera pubblica, sembrava si volesse accodare all'istituto religioso di Giovanni Battista. E per lui questa era "giustizia". Ne chiese l'iniziazione con il Battesimo. Ma proprio durante il rito dell'iniziazione, una voce gli sbarrò quella strada. Egli non sarebbe dovuto dipendere da nessun ordine ascetico o monastico.
Non capì subito la grande occasione che gli era prospettata, e pensò bene di ritirarsi nella solitudine per riflettere. Lì capì il vero indirizzo alla sua libertà: non il successo nel mondo ("Tutto sarà tuo!"), non le cose mirabolanti ("Gettati giù dal tempio"), non il dominio ("Fa' che i sassi diventino pani!").
Lì comprese che la libertà da istituti religiosi, doveva accompagnarsi alla libertà interiore dalle ambizioni (non sarebbe diventato monsignore), dalle pretese (non aggiustò il mondo con miracoli o imprese), dall'autofiducia (l'assertività sua era: "Sta scritto").

Libero da altri e da se stesso. Infatti il carceriere più protervo sta dentro di noi e ci lega.
Né obbedienza ad altri, né schiavitù in sé.
Gli andò bene per un certo tempo. Poi gli invidiosi della sua libertà, lo condannarono all'Inquisizione di allora, mossero la loro Gestapo e l'ammazzarono.
Ecco perché non voglio essere del tutto libero: ne va la mia vita. Così Angelo.

GCM 18.04.03