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Gesù a Naim

Io desidero incontrarmi con un Gesù vivo. Ci sono persone, che non patiscono veder un Gesù in movimento di azioni e di sentimenti. Per loro esiste un Gesù ibernato, da iconografie, un immobile ed eterno "pantocratore" bizantino: una specie di figura esangue, piuttosto fissa e deboluccia. Io amo Gesù sanguigno, appassionato, versatile. Proprio come me lo presentano le molte variazioni del Vangelo.

Per esempio, nell'episodio presso Naim, trovo Gesù capace di sentimenti e di movimento.
Gesù, infatti, rientra a Naim. La località quindi gli era nota. E in una piccola località le conoscenze sono agevoli.
Gesù sa che ciò che incontra per caso è un funerale doppiamente triste. La donna ha perduto il marito, ora perde il figlio. Essa resterà emarginata, senza sussistenza. Gesù si commuove. Tenero di cuore, si lascia prendere dall'emozione, improvvisamente.
Gesù è intenerito nelle viscere, come indica l'Evangelista. Eppure l'intenerito Gesù cambia tono: comanda di fermare il convoglio.

Egli ha il coraggio di dire alla donna una frusta frase consolatoria: "Non piangere!". Quante volte in quelle ore la donna si sarà sentita dire: "Su, coraggio!". Questa volta però la frase ha un sapore diverso. Non è pronunciata come la solita inutile scappatoia di un imbarazzato, che non sa che cos'altro dire. No: quel debole che si commuove ora parla risoluto. È rientrato in sé, chiama a raccolta le proprie risorse, perché vuol consolare davvero quella madre.
Nelle risorse ne riconosce una: ha il potere di dare la vita. L'uomo compassionevole è anche l'uomo che crede nel dono di Dio, racchiuso in lui. Ora si sente sicuro e comanda: "Ragazzo, te lo comando io: alzati!".

Il ragazzo rivive. Gesù ha finito il suo compito di consolatore alla sua maniera. Con la semplicità con cui si era presentato, ora scompare: restituisce il figlio alla legittima proprietaria, la madre.

GCM, 24.07.03