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Solleva il peccato

Agnello di Dio... Lo ripetiamo ogni giorno. Però non è chiaro quel "togli i peccati del mondo", perché il greco ha "sollevi il peccato del mondo". La prima traduzione pensa ad una specie di "annientamento". La seconda ad una collocazione diversa.


Se si trattasse di togliere ( o di annientare) il greco preferirebbe il verbo "airéo". Se si tratta di alzare, levare, il greco preferisce il verbo "àiro". Sono dizioni molto simili, ma il loro significato pende più verso il "togliere" per "airéo" e verso sollevare per "àiro". Il Vangelo usa quest'ultimo verbo.
"Alzare il peccato" include il significato di "riconoscerlo proprio". Si sa che presso gli antichi un figlio poteva essere generato da una moglie o da una schiava ( vedi il caso classico del buon e santo Abramo!). Però diventava figlio effettivo del padre soltanto quando il padre lo sollevava. Da quel momento, fino all'età maggiore, il figlio era proprietà del padre, che - in molte culture - aveva diritto di vita e di morte sul figlio (anche nella Bibbia troviamo casi di figli sacrificati dal padre: usanza che Dio blocca nel caso di Abramo, quando stava per sacrificare Isacco).

Gesù "solleva il peccato", lo riconosce proprio. Se ne appropria, non lo cancella, ma lo elabora. Non aveva peccato, ma non può restare lontano dal peccato, se la sua missione era quella di perdonare il peccato.
E' chiara, questa missione di Gesù, soprattutto in due contesti.
Un contesto operativo: era amico dei pubblicani, dei peccatori, delle prostitute.
Un contesto ideativo. Riporto la forte frase di s. Paolo: " (Dio) lo (=Cristo) fece peccato per noi, affinché noi diventiamo giustizia grazie a lui". Così si legge nel capitolo quinto della seconda lettera ai Corinti. Possiamo anche prenderci il lusso di tacciare di enfasi tale frase, ma essa resta là, splendida e grondante di felicità.

GCM, 16.10.03