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Gesù qui con noi

Marco mi introduce. L'evangelista mi è maestro. Quando egli narra, passa disinvoltamente dall'aoristo (un tempo verbale passato) al presente.

Alcuni commentatori ipotizzano che Marco fosse inesperto di scrittura, sgrammaticato e inesperto. Se fosse vero, almeno la distinzione tra un passato e un presente l'avrebbe azzeccata.


Tentiamo un'altra ipotesi: Marco, quando scriveva, stava contemplando. Nella contemplazione di Gesù, passato e presente si fondono. Il Gesù raccontato è il Gesù risorto di oggi. Raccontare di lui è semplicemente tuffarsi nella sua realtà.

Gesù stesso si vive in questo modo. A Paolo di Tarso, che perseguita i credenti in Gesù, questi si rivolge: "Paolo, perché mi perseguiti?". Gesù si vive con noi, in noi. Noi ci dimentichiamo che stiamo vivendo con lui, in lui. Perdiamo perciò la vera misura dell'"essere" cristiani. Siamo anche disposti a proclamarci cristiani, ma trascuriamo il nostro attuale essere davvero cristiani.


Marco ci insegna: quando si pensa Gesù, Gesù è qui. Quando si narra di lui, Gesù è compiegato nella narrazione.

Dire Gesù, scrivere Gesù, leggere Gesù è contemporaneamente essere Gesù, mentre Gesù è con noi e in noi.

E' questo un dono a noi cristiani, che noi non sappiamo neppure di avere. Lo trascuriamo per ignoranza. Lo ignoriamo, perché le Scritture sono dimenticate. Con le Scritture abbandoniamo in un angolo lo Spirito Santo e la nostra vera felicità.


Marco ci insegna a immergerci in Gesù, dimenticando e travalicando il tempo. La nostra contemplazione nel leggere il Vangelo, non si riduce a gustare la bellezza di un testo, ma a gustare la dolcezza di una presenza.

Questo Gesù che ci invita a seguirlo, senza tormentarci, a viverlo senza tempo, ad amarlo in un continuo abbraccio.


GCM, 26.10.03