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Verità

Pilato chiese a Gesù, dopo che Gesù aveva negato di aver un regno in questo ordinamento: "Dunque non sei tu re?" E Gesù rispose: "Tu dici che io sono re".
Queste due frasi si trovano nel testo critico greco del Vangelo. La frase pronunciata da Pilato è di chiara indole negativa. Infatti Pilato non dice: "Dunque tu sei re?", ma una frase negativa: "Dunque non re sei tu?". Pilato aveva ben compreso che Gesù non era re "di qui".

La risposta di Gesù è chiara: "Lo dici tu che [io] re sono!". Così rimanda al mittente la diceria che Gesù fosse re.
Con la sua frase di restituzione a Pilato, Gesù chiude il discorso sul "re". E passa subito al suo discorso, quello che a lui interessava davvero: la verità. "Per questo sono nato ed entrato in questo ordinamento: per rendere testimonianza alla verità-realtà (=emet)".
Dopo aver negato (non sono re), Gesù afferma (sono testimone della verità).

In questo ordinamento mondano, Gesù porta ciò che manca allo stesso ordinamento: la verità.
La verità, per Gesù, è concreta: l'unico vero concreto è Dio. Dio è verità. E il testimoniare Dio, rende vero anche il testimonio("Io sono la via, la verità, la vita"). Tanto reale il testimonio, da essere lui stesso "vero" (=divino).
Gesù abbandona la diatriba sul suo essere re, per innalzarsi al piano della verità. Dalla parvenza di grandezza, che ogni re stupidamente vanta, alla realtà della divinità, unica realtà che produce ogni altra realtà e la fa essere reale: Dio concreto crea il mondo e noi concreti. La grandezze umane sono volgari convenzioni, inventate per imbrogliare gli sprovveduti.
Se sono funzioni sociali, aiutano gli uomini; se sono titoli più o meno meritati, imbrogliano. Che ne dice lei, dotto' o cavaliere?

GCM, 24.11.03