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Profeta libero

La tensione tra istituzione e profezia è di lunga data. Nemmeno i Sumeri ne furono esenti.
Eppure non si può fare a meno di nessuna delle due. I tradizionalisti non possono sopprimere gli innovatori. Gli innovatori, quando sono riusciti a far prevalere la proprie esigenze, diventano tradizionalisti.
E se l'innovatore non si trasforma in tradizionalista, provvedono a diventarlo i suoi successori. La storia di ogni ordine religioso lo conferma.
È avvenuto con Cristo e con Francesco d'Assisi, per esempio.

Innovazione e tradizione devono trovare spazio nello stesso contesto. Il danno avviene quando una pretende di prevalere sull'altra, quando una criminalizza l'altra.
La libertà è l'ambiente favorevole per rispettare le due tendenze. Libertà e rispetto. Ognuna delle due tendenze deve cercare il proprio ambito di azione.
Il rispetto è la faccia genuina della libertà.
Purtroppo accade frequentemente che la tradizione diventa istituzione ed esercita il potere della coercizione. La profezia invece è povera, priva di potere. L'unico suo mezzo è la parola. Niente denaro, neppure vesti o cibo: diceva Gesù ai suoi ambulanti profeti in erba.

Perciò la profezia inizialmente sembra soccombere.
Il pericolo del profeta è quello di trasformarsi in potente. È la tentazione di Cristo ("prostrati e avrai il mondo nelle tue mani"). È la realtà degli ayatollah.
L'autentico profeta non è mai un arrivato, spinge sempre lo sguardo avanti, correggendo anche il proprio passato. Non è un inquieto: è un lungimirante, che cammina con il tempo e con le nuove prospettive che il tempo gli presenta.
Egli non soltanto è ostacolato dall'istituzione tradizionalista, ma è anche tormentato dal proprio bisogno di guardar oltre. Perciò difficilmente diventerà un politologo.

GCM, 13.07.03