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L'interpretazione

Dal Vangelo di Giovanni apprendiamo come l'interpretazione possa essere opposta alla realtà. E non raramente.
Giovanni Evangelista ci ricorda Gesù che moltiplica pani e pesci, sfama migliaia di persone, raccatta gli avanzi (operazione ecologica?) che non vengano perduti. Evidentemente egli offre un grande beneficio alle persone affamate. Lui opera per suscitare la fede. Infatti alle nozze di Cana, dopo il segno del vino, l'Evangelista nota: "E i suoi discepoli credettero in lui".
Qui invece la gente non passa alla fede, ma interpreta l'opera di Gesù secondo le categorie del messianismo ebraico: "Questo è il Profeta"; e vennero per "farlo re", ossia capopopolo.

L'interpretazione si trincerava all'opposto dell'intenzione di Gesù.
Risultato: Gesù scappa nella solitudine. Beneficare chi non comprende il valore del beneficio, finisce con la solitudine del benefattore.
Questo avviene sempre. Nelle famiglie, nel posto di lavoro, nelle convivenze, anche in quelle ascetiche. Una persona opera per favorire il gruppo, la sua opera non è capita, finisce che quella persona venga emarginata. Il detto popolare riproduce bene questa situazione: "A lavare la testa all'asino, si ricevono calci".

Gesù resta emarginato. Ma poi cerca di rifarsi, con il grande discorso su di sé, pane vivo, cibo di vita eterna.
Con quel discorso Gesù credeva di essersi spiegato bene e a lungo. Invece ecco il nuovo smacco, l'abbandono. Infatti Gesù rimprovera la gente, perché era paga del pane e non aveva capito il vero messaggio.
Risultato ultimo: i discepoli trovano il discorso incomprensibile e se ne vanno.
"Volete andarvene anche voi?" chiede ai pochi rimasti. Questi restano perché "abbiamo creduto". I pochi che non interpretano male.
La solitudine dei benefattori e dei profeti, anche nella chiesa.

GCM 02.05.03