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Conversione

La conversione è il tema di apertura del Vangelo. La prima frase riprodotta dal Vangelo di Marco e attribuita a Gesù è "convertitevi e credete al Vangelo".
Convertirsi, cioè vestirsi di cenere, sacco e cilicio, imporsi delle rinunce e dei sacrifici, umiliarsi con digiuni debilitanti? Oppure convertirsi per essere disponibili al Vangelo, alla serenità e alla gioia che il Vangelo produce?

La prima conversione è quella di ricuperare la propria dignità, che è stata persa con una vita stupida e pretenziosa, e con il lasciarci trascinare dalla volubilità e dalla pubblicità, che ci prende tutti per il naso.
Riergerci in noi stessi, come creature magnifiche, uscite dalla mani di Dio. La dignità è perduta da Adamo ed Eva quando si dimenticano della propria bellezza, con il desiderio di una bellezza impossibile ("sarete come dei") che li fa precipitare (ciò che è normale ai perfezionisti che cadono in depressione).

Convertirci, inoltre, è ritrovare la dignità radicale della propria cultura.
La cultura di un'etnia, non s'improvvisa, né vigoreggia quando viene imposta (con forza o con persuasioni occulte). Essa nasce e si sviluppa secondo le necessità e la sensibilità nativa di un gruppo, e secondo le esigenze ambientali. Il peccato della globalizzazione non è solo quello di favorire i ricchi a sfavore dei poveri, ma soprattutto quello di pretendere di omogeneizzare le culture.

Anche il cristianesimo patisce di questo peccato, quando impone l'europeizzazione del culto.
La conversione è, per i singoli e per le etnie, il ritorno alle radici. "Se non ritornerete indietro e non diventerete bambini, non entrerete nel [grande, universale] regno dei cieli.

GCM 16.08.02