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Gioia di Dio

Il giullare rendeva gaie la giornate del signore.
     Francesco d'Assisi s'era dichiarato giullare del Gran Re, di Dio.
     Il giullare di Dio rendeva allegra la gente, raccontando di Dio, eseguendo le laude e la sacra rappresentazione.
     Ma è da chiedersi: egli rendeva anche contento il "signore" Dio? Cantava e ballava davanti a Dio per eccitarlo alla festa?
     La risposta è già scritta nel Vangelo.

Il "figliol prodigo". Il ragazzo si allontana dal padre. Quando ritorna e si ricompone con il padre, questi fa festa. Il contatto del figlio provoca la festa nel padre.
     Questa è la dinamica della preghiera. La preghiera è sempre un "ritorno al Padre". Dalla fatica e dalla distrazione quotidiana, che ci staccano da Dio, alla ripresa del contatto con lui. Il contatto accende la festa nel Padre.
     La nostra preghiera è gioia per il Padre. Giullari di Dio con il semplice pregare.
     La preghiera come rinnovato contatto con Dio.

Purtroppo noi non curiamo l'empatia con Dio. Le nostre preghiere pensano solo a noi, ricadono flosce su di noi. Siamo preoccupati per le nostre necessità e chiediamo, o pensiamo allo stato della nostra mente da acquisire mentre preghiamo: non devo essere distratto!
     Ma a Dio non pensiamo. Non ci affidiamo, pregando, allo Spirito Santo, l'unico che in noi "raggiunge" il Padre, l'unico che penetra nel cuore del Padre, perché la sua essenza e allo stesso livello del Padre. Non ci accorgiamo di quanta festa suscita nel Padre (un Padre carissimo!) la nostra semplice preghiera nella Spirito, che grida: "Abba il Padre!".
     Pregare durante la guerra, non ha solo lo scopo di implorare per noi la pace. Ha anche un effetto di consolazione di quel cuore del Padre, che soffre per la sofferenza dei figli.
     Pregare è un bilanciare anche nel cuore del Padre l'orrore della guerra.

GCM, 28.03.03