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Dio proscritto

Si costituisce una nuova associazione culturale. Per principio vi si esclude ogni discorso su Dio. "Per essere indipendenti" dicono "e non escludere nessuno dai nostri interessi". Bugie! Intanto si esclude Dio. È logica coerente e intelligente?!
     Si pubblica un nuovo settimanale e a chi si presenta, magari invitato a collaborare, con la dichiarata volontà di parlare anche di Dio o, meglio, con le parole di Dio (mica bazzecole per una rivistina!), si dice che non c'è bisogno di lui, per non diventare di parte(!come se mettersi dall'altra parte di Dio, non sia essere di parte!) e non udire prediche. Dio è proscritto, e deve cercare una stalla dove rinascere tra di noi: una stalla o una panchina accanto a un barbone.

Non c'è bisogno di predica: si scusano e rifiutano.
     E chi dice che parlare di Dio, con Dio e con le parole di Dio, deve diventare una predica?
     I linguisti notano che il linguaggio religioso è spesso di tipo esortativo: la preghiera si risolve frequentemente in una esortazione a Dio; il sermone in una esortazione (più o meno gradita o sopportata) ai circostanti.
     Però il discorso religioso può anche essere una semplice "esposizione" del pensiero e della fede..
     E, dentro il contesto del dialogo tra uomini, il pensiero religioso si presenta come un'opinione (è questo il nativo concetto di "dogma") che s'appoggia umilmente sulla parola di Dio, anziché su quella di Heidegger! Si può parlare di Dio, con una semplice opinione. La mia opinione convinta, di credente, cittadino al pari degli altri.
     Mi viene da sorridere al pensiero di chi rifiuta Dio trasmesso attraverso le opinioni, quando in tempi non lontani giurava e proclamava idee, basandosi sulle precarie opinioni di Marx.
 
GCM,   12.01.03