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Accogliere Dio

Disposti a ricevere Dio e la sua opera, siamo anche disposti a essere trascinati e coinvolti con lui. Il "Padre nostro" è un esempio sublime di accoglienza di Dio.

La prima parte di questa preghiera, non è una richiesta, ma un accogliere.


Non parliamo con nostro Padre, Dio (nei cieli), per stimolarlo a santificare il suo nome, ossia a essere santo nella sua essenza, poiché lui è già santo per sé, senza il nostro aiuto e la nostra invocazione.

Invece il maltradotto "sia santificato il tuo nome" sarebbe bene inteso e capito se si cambiasse con un "noi accettiamo che tu sei veramente Dio". Cioè è adesione nostra alla sua persona (nome), il riconoscerla per quello che è, l'accogliere la sua realtà, e non attribuire ad altri o ad altro le qualità di Dio.


Quel "venga il tuo regno", ossia la presenza della tua grandezza (maestà, dal tema mag, da cui magnus e maior), non è un sollecitare la sua venuta, perché, al dire di Gesù, il regno di Dio è tra noi. Invece è un accorgerci della presenza del Dio grande, e accogliere il "regno presente".

"Sia fatta la tua volontà" non chiede nulla per Dio, ma dispone noi a vivere sulla terra ciò che il Padre vive nel cielo. In altre parole ad accettare la comunanza di vita con il Padre.


Dio nel Figlio si umanizza, partecipa al nostro destino di povertà e di morte. Però con la risurrezione dell'uomo Gesù, Dio reclama la parità tra lui e noi.

Uguaglianza: come in cielo, così in terra. Gesù aveva parlato di unità tra il Padre e Lui, e tra Lui e noi. Non un'unità fittizia, immaginata solamente.

Noi siamo renitenti ad accettare la parità con Dio, preferendo la parità con gli animali.

Il "Padre nostro" ci solleva, indicandoci la piena accoglienza del Padre in noi.


GCM, 24.04.03