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Dio con gli emarginati

I teologi, particolarmente attenti alle condizioni sociali, ipotizzano un Dio marginale.
      Dopo le antiche teologie del Dio re, e le più recenti del Dio attore della liberazione degli oppressi, o del Dio ai margini, ora si ipotizza un Dio marginale. Ossia non solo un Dio che si pone da Dio vicino alle persone emarginate, ma Dio che lui stesso è una di queste persone marginali.

      Richiamo un'idea elementare e facilmente dimenticata: Dio non è descrivibile dall'uomo; Dio ha infinite sfaccettature, ma nessuna di queste né la loro somma esauriscono la descrizione e la conoscenza di Dio. Dio è Dio, è in tutto eppure resta sempre oltre, al di là.
      Gesù, per primo, ha fatto scendere Dio dal trono. L'ha presentato accessibile e partecipe dell'avventura umana.
      Gesù ha tirato fino alle estreme conseguenze lo Jahveh degli Ebrei. Dio è Jahveh, cioè colui che diviene, seguendo passo passo il suo popolo. Il Dio di Gesù non è il Dio del trono, ma il Dio della strada. Non attende la onoranza regale, ma si immischia con gli uomini che camminano.

      Gesù, nella sua persona e nella sua avventura personale, ha trascinato Dio in terra e lo ha reso amico dei peccatori e delle prostitute. Un Dio che non ha paura di farsi uomo e di esserlo per davvero.
      Tanto uomo da confondersi con l'affamato e con il prigioniero: "Ogni volta che avete soccorso un povero, avete soccorso me!".
      E noi, pur aiutando il povero, crediamo nella divinità della povertà, perché in essa c'è lui: non solo il Dio dei poveri, ma, il Gesù, il Dio povero, l'amore che totalmente si dona.

GCM 06.08.01