In Dio
Oggi, in Occidente, da molte persone interessate alla spiritualità, si guarda con interesse alle filosofie orientali, e, se è possibile a un occidentale, ci si sforza di imitarle. Certo che buddismo e induismo dilatano in modo sublime le possibilità personali intellettuali e intuitive, fino a procurare profondi sentimenti di pace. L'occidentale è ormai nauseato dall'attivismo che lo opprime quando lavora e che pervade anche gli spazi del riposo. Perciò si rivolge ai ritmi larghi delle spiritualità orientali (che non tutti gli orientali praticano), quasi a recuperare certi lembi, ormai atrofizzati, del suo cuore.
Eppure, per un cristiano, questo ricorso può risultare utile psicologicamente e spiritualmente, ma esso rimane staccato dalla costituzione della sua fede. Infatti molti studiosi scoprono una dimensione metafisica ben pronunciata nelle filosofie orientali: essa è una metafisica del sentire, che correttamente si affianca alla metafisica del riflettere intellettivo di timbro aristotelico. Eppure queste metafisiche non possono essere davvero trascendenti, perché, per quanto alte e spinte, sono frutto dell'uomo, condotte sul suo metro e quindi immanenti nel perimetro delle, spesso inesplorate, regioni interiori della creatura umana.
Il Dio cristiano è oltre a tutte le nostre metafisiche. Egli solo è davvero trascendente. A lui si accede non con il nostro sforzo, ma con l'accettare la sua offerta di "dimorare" nell'uomo. La mente non coglie Dio. L'unico modo di armonizzarci con lui, è l'abbandonarsi fiducioso a lui. L'abbandono è una variazione dell'amore. Soltanto l'amore permette l'abbandono in lui, e l'accettazione di fede.
GCM 24.05.04
|