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Legge e grazia

È possibile, oggi, parlare ai nostri contemporanei del Dio ignorato?
Paolo di Tarso trattò, nell'Areopago di Atene, del dio ignoto. Cioè un dio conosciuto come un dio ignoto, ma sempre dio. Anche noi ricordiamo un milite ignoto, ma sempre milite.

     Il Dio di oggi, non è ignoto, ma meramente ignorato, come se non ci fosse. Oppure, se c'è, non è rilevante per l'esistenza dell'uomo, delle nazioni e, soprattutto, dell'economia.
     In realtà il Dio ignorato è null'altro che  un Dio celato, nascosto. Ognuno si imbatte in Lui e lo utilizza, ma non lo vede. Come avviene per l'aria.

     Purtroppo tutte le religioni, quando parlano di Dio - a differenza di come agiva Gesù - vestono paludamenti solenni, aulici, inconsueti. Creano, perciò, teologie, abiti bardati, nomi di Dio altisonanti e ripieni di superlativi. Insomma, tutto un armamentario inconsueto e spesso logoro e disusato.
     Perfino le parole più comuni, come padre, Dio, pane, bene e male, rivestono un doppio significato: quello religioso e quello quotidiano.
     Sono il dominio e la vendetta della sacralità.

     Ricordo che da bambino, quando parlavo semplicemente di Gesù, venivo ripreso perché dovevo dire "Nostro Signore Gesù Cristo". (Cara la mia maestra di catechismo!).
     E così a poco a poco, i vocaboli più belli del cristianesimo, erano cassati dal parlare quotidiano per essere ibernati nel sacro, vieto e lontano.

     E allora? I credenti in Gesù, potrebbero far rientrare nel loro parlare quotidiano le semplici parole della loro fede, senza attribuirgli misticità e stranezza. Svestirle delle modalità incrostate di sacro. Allora esse correrebbero libere (e annuncianti) nelle conversazioni di ogni giorno. E sarebbe di nuovo Vangelo.

GCM       26.02.02