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Abitazione

Abitare, restare, stabilirsi. È un verbo che ritroviamo spesso nel Nuovo Testamento. Corrisponde al latino "manere" e al greco "meino".
     Gesù assicura: "Mio Padre e io verremo da lui e fisseremo in lui la nostra dimora".
     Chi è questo "lui"? È quello che ama Gesù e pratica la sua parola, come si legge al capitolo 14 di Giovanni (v. 23).
     L'abitazione tra Dio e noi è reciproca: "Chi abita in me e io in lui" (15, 4).

In che modo Gesù è la nostra abitazione? "Abitate nel mio amore". La casa che Dio ci offre è il suo amore. La nostra vera e indistruttibile casa è l'amore di Dio.
     Il figlio deviante e prodigo, cerca la casa dove vivere senza fame, e si imbatte in un padre accogliente, che gli offre affetto e festa.
     Certamente: per stabilirci in questo amore è necessario credere che l'amore di Dio è la nostra dimora. La porta per entrare in tutte le opere di Dio, è la fede in Gesù, che si dichiara porta.
     L'amore di Dio, inoltre, è unico: è Spirito Santo. Lo stesso amore che segue il figlio lontano, è quello che abbraccia il figlio presente. Lo stesso amore che costituisce la nostra dimora oggi, sulla terra, è l'amore che ci permeerà domani, in cielo.

La morte, grazie al Dio amante, non è un cambiare casa, ma un continuare ad abitare nella stessa casa, con gioia diversa più intensa.
     L'amore è lo spirito di Dio, che intride la Trinità, la Chiesa e i nostri cuori. Quel "restare in me e io in lui" è accettare il reciproco amore. Dio accetta sempre il nostro amore, per quanto piccolo e maldestro (come si fa ad amare Dio adeguatamente?), e lo sublima immettendovi il suo Spirito Santo. Noi accettiamo l'amore di Dio, o lo rifiutiamo perché temiamo egoisticamente un amore totale, infinito?

GCM 10.12.02