Dio? Chi è questo sconosciuto?
Uomo? Chi è questo sconosciuto?
Dio e uomo, due arcani, che non si conoscono, e in quanto non si conoscono, sono simili, vicini, congeniali: compagni nello stesso viaggio dentro il mistero.
Poiché io non mi conosco e sono un mistero anche a me stesso, io sono in grado di intuire Dio, che io non conosco e che è mistero a me.
Il buio allora mi diventa luce. Una luce che non rischiara, ma che mi pone in cima a un monte, dal quale tutta la valle si può scorgere, purché albeggi e si faccia giorno.
Il buio in me è cozzato, come da ariete, dalla mia ragione, che però ragionevolmente s'accorge del buio che è in me. Se ne accorge tanto, da sforzarsi continuamente di illuminarlo, non riuscendo ad altro che a scoprire il nuovo buio, oltre lo sprazzo di luce provvisorio della ragione.
La ragione è in armonia con se stessa, quando avvertendo il mistero dell'uomo, s'arrende a questo mistero, e dentro di esso si muove, desiderando la luce. Il desiderio della luce è l'unico barlume di luce possibile a me.
La ragione rinnega se stessa, se rinnega il proprio mistero. La ragione è ragionevole, quando incontrandosi con il mistero l'accetta.
Il mistero mio e quello di Dio sono quanto di più ragionevole la mia ragione possa accettare, pur nel mio continuo urtare e riurtare contro il mistero.
La mia pace, oggi, è nel mio buio. Forzare questo buio è fatale. Attendo perciò e però la mia rivelazione di figlio di Dio, quando "nella sua luce, vedremo la luce".
GCM 16.10.01