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Parola di Dio

Siamo angustiati da un raggelamento intimo, quando udiamo qualche persona proclamare la Sacra Scrittura, durante la liturgia domenicale.
     Sembra che legga ancora come le aveva insegnato la maestra alle elementari. Cioè a quel segno scritto deve corrispondere quella espressione vocale. Se vedi un segno rotondo, la bocca deve emettere una "o". Se poi tu capisca ciò che stai leggendo, è poco importante.

Io ammiro il coraggio di chi si pone a leggere davanti a un pubblico, senza capire ciò che sta leggendo. Ma il coraggio non conduce lontano, quando abbiamo a che fare con la parola di Dio, trasmessa a coloro che Dio ama tramite un profeta.
     I più avvertiti leggono in pubblico la Bibbia, cercando di coglierne il senso. Forse neppure questo è sufficiente. Io posso leggere e declamare un libro di un Moravia qualunque, comprendendone il senso.

La proclamazione della parola di Dio, mi sollecita, prima di tutto, ad accorgermi che Dio si è scomodato per raggiungermi con quella parola.
     Perché Dio ha voluto dirmi quella parola? Dio non parla inutilmente, perché Dio parla per amore e per salvarmi.
     Perché Dio tra le infinite informazioni che avrebbe potuto comunicare, ha privilegiato quella parola? Perché ha sostenuto lo scrittore profetico nella scelta di quella piccola parola? O meglio: di quel preciso argomento?

Noto, e mi fa male, che alla fine di una lettura, i lettori dicono con noncuranza quel "è parola di Dio", come se tale affermazione non avesse senso. E non ha senso per quasi tutti gli ascoltatori, che anziché urlare di gioia, biascicano un incolore "ringraziamo Dio" e sono solo preoccupati a dove posare le natiche.   

GCM 02.01.04