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Magnificat 2

La povera ragazza incinta che proclama il magnificat, loda cordialmente e ringrazia Dio. Eppure quella ragazzina entusiasta non passa sopra ai torti ricevuti, e non si nasconde il fatto che il male rimane male, anche se lei ne è uscita spiritualmente illesa.
L'umiliazione dei potenti e le disgrazie dei ricchi sono ricordate insieme con l'esaltazione dei deboli e l'arricchimento dei poveri. Eppure questi capovolgimenti non sono sconquassi provocati da Dio: sono semplici dinamiche della protervia nell'un caso, e dell'umiltà nell'altro.

La libertà è il grande dono di Dio. Ed è il supremo agire umano. Proprio la libertà che Dio rispetta totalmente nell'uomo è radice di vita o di morte, di premio o di punizione.
Dio ha disperso i superbi per mezzo dei progetti della loro mente e del loro cuore. La cattiveria, sviluppandosi, come una pianta fragile e troppo alta, cade su se stessa e cagiona il crollo del cattivo dentro la melma della sua stessa cattiveria.
Io non condanno nessuno, dice Gesù: è la parola a condannare. Sappiamo che il termine "parola", nel linguaggio di Gesù significa anche concretamente "fatto". Quindi la condanna non viene da Dio, ma dai fatti stessi: sono conseguenza dell'agire.
Si dice: "Dio perdona, la natura no".

Il nostro vendicarci è superfluo e anche nocivo. I fatti criminali o cattivi finiscono sempre a ricadere sul capo di chi li commette. "Ho visto il malvagio gloriarsi. Sono ripassato e non esisteva più".
Come il male ricade su chi lo commette (chi ha pazienza lo vedrà), così il bene innalza chi lo compie. Anche il bene della pazienza di chi subisce ingiustizie e umiliazioni.

"Da oggi in poi tutti mi faranno beata!".
Maria, che proclama il magnificat, non è stata umiliata a causa della sua religiosità, ma a causa del suo stato sociale e personale. Patire per Cristo, è semplicemente patire, o anche soffrire dentro l'esercito dei sofferenti, nel quale marcia anche Gesù.

GCM, 15,07,03