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Dire noi con Gesù

Fidarsi solo di Dio. Gesù non si fidava dell'uomo, perché conosceva l'uomo.
   Però si fidava di quegli uomini e di quelle donne che a loro volta si fidavano di lui, che l'amavano come Giovanni e Maria di Betania. O come sua madre, che s'era fidata totalmente di Dio: "Avvenga di me secondo la tua parola".
   Possiamo fidarci delle persone che condividono con noi l'amore alla parola di Dio.

Purtroppo esistono i mestieranti della parola, quelli per i quali le parole sono soltanto parole, anche quando sono scritte nel Vangelo.
   Non solo alcuni giornalisti sono mestieranti e giocolieri sofisti della parola, ma anche alcuni predicatori. Dicono ma non si donano alla parola, non sono dentro a ciò che dicono.

Dio invece quando genera il Verbo, è tutto dentro la Parola: unica essenza dicono i teologi. Gesù: "Io e il Padre siamo un tutt'uno".
   È triste per noi, servi del parlare di Dio, non comunicare noi stessi, mentre comunichiamo la parola. Chi ci ascolta se ne accorge. D'altronde non comunichiamo noi stessi, perché non siamo armonici con noi e perché prima di parlare non abbiamo accolto e assimilato Gesù, il Dio che parla.

Se assimiliamo Gesù, allora viviamo, ma non più noi, perché è lui che vive in noi, come dice Paolo. È avvenuta la trasfusione di Gesù in noi, perché, accettando Gesù, siamo divenuti una sola cosa con lui.
   Essendo una cosa sola con lui, quando parliamo di lui, comunichiamo noi stessi. Allora il nostro parlare è vitale. Dicendo lui, diciamo noi e la vita eterna.

Di fatti è facile distinguere, quando ascoltiamo una predica, tra chi dice parole anche forbite, e chi parlando di Gesù dice se stesso, ossia parla con vitalità.        

GCM    28.04.03