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Confermare non reprimere

Al capitolo 11 degli Atti degli Apostoli, si legge quanto ancora oggi dovrebbe esser ricordato e attuato.
     I credenti da Gerusalemme si disperdono tra i pagani, dopo la persecuzione nella quale fu ucciso Stefano. Di Gesù Risorto allora si parlava solamente tra gli Ebrei, per invitarli alla fede: era una tradizione, seguita dagli Apostoli, i capi della nascente istituzione.
     Però alcuni, di Cipro e di Cirene, giunti nella comunità di Antiochia, si permisero di predicare la buona novella di Gesù anche ai pagani. Fu uno strappo alla tradizione, ormai consolidata. Meraviglia! Anche i pagani aderirono alla fede. L'iniziativa dei meno integrati (i cosiddetti credenti che stavano sull'uscio, seguendo sì la religione ebraica, ma senza essere integrati ufficialmente tra gli Ebrei, secondo un razzismo tradizionale) aprì una nuova strada a Gesù.
     Quei predicatori non erano delegati dall'istituzione: erano persone creative, piene di iniziativa, che consideravano semplice conseguenza della fede il propagare ciò che le aveva colpite e salvate. Certo non consideravano del tutto razionale la tradizione dell'istituzione.
     Persone libere appunto di quella libertà che avevano acquistato assieme con la fede.

Come reagì l'istituzione, non ancora sclerotizzata? Certo cominciò con un'immediata ovvia (istituzione era!) ispezione, tramite Barnaba, che da Gerusalemme fu spedito ad Antiochia per esaminare il caso.
     Fortunatamente e per grazia di Gesù, Barnaba era uno di quei rari ispettori, non chiusi di mente e obbediente prima a Dio che alle tradizioni. Egli "vide la grazia del Signore, si rallegrò e da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede (un ispettore pieno di Spirito Santo e di fede!), esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore".
     Piena conferma quindi. Barnaba fece ciò che Gesù aveva indicato a Pietro: "Tu conferma i tuoi fratelli!".
     Ecco la gioia di tutti. L'iniziativa e la spontaneità dei singoli, spinti dallo Spirito. L'intervento dell'istituzione non per sopprimere, ma per confermare, come è suo compito.     

GCM    13.05.03