Musica e liturgia: 07-12

7) Il testo

Perché, nella liturgia, la parola dirige la musica?
La risposta è ovvia: la liturgia sulla terra vive Gesù, Verbo eterno, incarnato, morto e risorto, "alla destra del Padre". Tutto è permeato dal Verbo, dal Logos, che non è espressione indistinta e balbettante, ma è progetto definito e chiaro. La liturgia quindi deve dare preminenza alla parola pronunciata, o alla parola profonda che collima con il silenzio.

Essendo necessario e ovvio prendere le mosse dalla parola, per delineare la qualità e la funzione del canto, una ricerca sul canto in liturgia si volge prima di tutto - almeno metodologicamente - a considerare le parole dei canti usati.
I testi dei canti devono essere corredati di quattro attributi.
a) Abbiano un senso. E' il minimo che si richiede. Non siano parole a vanvera, accostate tra di loro soltanto perché i versi abbiano tutte le sillabe richieste. E abbiano un senso. Che senso ha, per esempio, cantare al "dolce volto" di "pena e di dolor"?
b) Siano testi poetici. Sono inni, non deliramenti schizofrenici. E' necessario passare dai versi (o versacci) alla poesia. Una poesia che sgorga dall'ammirazione, stimolata dalla fede.
c) Siano musicabili. Alcune poesie e non poesie, mancano di rime, di assonanze, di cursus. Alcune parole sfuggono alla musicabilità (come si potrebbe musicare Vergingetorige?).
d) Siano in armonia con la Bibbia. La Bibbia dell'Antico Testamento e il Nuovo Testamento non possono essere contraddetti dai nostri inni.

Soprattutto l'innologia cristiana deve basarsi sul Vangelo, sulla parola di Gesù e degli Apostoli. Circolano ancora degli inni, scritti dopo la Risurrezione di Gesù, i quali sono privi di speranza e inducono ancora al terrore. Lasciamo perdere una buona volta tutti i "Dies irae".

GCM 06.02.04

8) Poetare

Che cosa significa poetare da risorti?
Alla liturgia cristiana, i presenti sono peccatori perdonati, persone morte e risorte con Gesù, figli di Dio raccolti nell'Amore.
L'innologia si basa su queste realtà. Perfino la "tristezza dell'esilio" non è che speranza in una patria sicura. E' attesa serena, non paura disperante.
P. Kolbe era conquistato da quella canzone di una semplicità estrema, in lode di Maria: "Andrò a vederla un dì". Il verso non è dei migliori, ma l'anelito a un approdo sicuro è esplicito.

Poetare da risorti è la fiamma della liturgia cristiana.
I salmi dell'antico testamento sono entrati nella liturgia cristiana. Hanno una loro logica, eppure devono essere cristianizzati. Non è sufficiente affermare che anche Gesù recitava i salmi, per trapiantarli nella liturgia cristiana, senza esser battezzati in Gesù. "In Cristo Gesù" era un ritornello nelle lettere di Paolo Apostolo.
Infatti, dopo la risurrezione, Gesù educò gli apostoli alla nuova interpretazione dell'Antico Testamento.

Gli inni devono essere smaccatamente cristiani, cantati con la risurrezione nel cuore. E' semplice questione di fede.
Ogni preghiera cristiana deve basarsi su una duplice convinzione: chi è il Dio di Gesù, e chi è il risorto in Gesù. Quindi riconoscere Dio per ciò che è, vivere di riconoscenza per ciò che siamo in Cristo Risorto.
Perché esortare Dio a esser buono, misericordioso, perdonante e longanime, quando lui è già buono e longanime? Non quindi "Abbi pietà", bensì "Tu hai pietà, tu già perdoni, tu sei misericordioso..."
Perché pregare da schiavi incatenati, che chiedono la liberazione, quando siamo già liberi della libertà che Gesù ha inaugurato? La preghiera cristiana è principalmente eucaristia, ossia ringraziamento.

GCM 06.02.04

9) Poeticità

I salmi devono essere cristianizzati. Inoltre devono essere tradotti, non traditi.
Un tradimento si perpetra quando il significato letterale ed essenziale viene stravolto. Che dire, per esempio, di certi stravolgimenti di un salmo conosciutissimo, il Dixit Dominus?
Ma esiste un tradimento maggiore: non rendere la poeticità del salmo, anche nella lingua italiana. La lettera tradotta letteralmente può tradire il testo poetico originale, se non si veste di poeticità.
Sotto questo aspetto è più fedele alla poesia di Omero l'Iliade di Monti, o la miriade di traduzioni dotte che abbiamo tra mano? Sono, per similitudine, più fedeli alla poesia dei salmi le traduzioni di David Turoldo, o le versioni, più o meno dotte, dei salmi imposti alla recitazione del breviario?

Per essere musicati, quindi, i salmi devono mantenere la triplice fedeltà alla lettera, al senso, alla poeticità.
Inclusa, nella poeticità, è la musicabilità dei salmi. Infatti la poeticità non è realizzata solamente dalle parole, ma anche dalla posizione melodica e dal cursus delle frasi stesse.
Gli inni sono l'espressione adorante e lodante dell'uomo d'oggi.

Quanta tristezza suscitano le odierne traduzioni dal latino degli inni antichi e medievali, che sono recensite nella liturgia delle ore!
Gli inni di oggi devono sgorgare dal cuore dell'uomo d'oggi. Risuonano già invecchiati gli inni sacri del Manzoni (del resto più felice nel " Il 5 maggio" che nella "Pentecoste").
La letteratura moderna è ricca di inni a Gesù. Turoldo, Rebora, Ungaretti...sono questi i liturgisti, gli innologi di oggi. Perfino Papini e Giuliotti... Insomma cantiamo a Dio i nostri canti, lodando lui e godendo della nostra risurrezione.

GCM 06.02.04

10) Composizioni

La musica per la liturgia deve regolarsi secondo alcune condizioni: che risponda alle parole dei risorti, che si collochi adeguatamente negli spazi e nei tempi liturgici, che risponda alla grammatica e all'estetica della composizione musicale.
Se manca una di queste condizioni, la presenza del canto e della musica decade e fallisce la funzione per cui la musica è elevata a lode e a preghiera nella liturgia.

In altre conversazioni abbiamo già accennato all'adeguamento della musica ai testi opportuni. In seguito accenneremo alla collocazione della musica nella liturgia. Ora riflettiamo sulla grammatica e sull'estetica opportune.
Nella liturgia di solito suona l'organo e cantano i solisti, il coro e tutti i presenti (assemblea). Organo, solisti (presidente, salmista ecc.) e coro possono eseguire musiche anche tecnicamente difficili. L'assemblea non è richiesta di conoscere solfeggio e lettura della musica. Quindi la prima qualità della musica per la liturgia è la semplicità e la "orecchiabilità". Semplicità melodica e armonica.
Inoltre è necessario contenere l'estensione media della melodia, adatta a voci non educate.

Anche la musica cantata dal coro, deve mantenere un tessuto semplice.
Le frasi musicali (aperte, chiuse, a ripresa...) non possono uscire dalle necessarie esigenze di tonalità, di durata, di ritmo. La musica è per un popolo che gioisce e che prega, che ama ed esprime amore. Non è destinata all'esibizione di nessuno.
Alla fine di ogni canto, il cantore avrà la gioia nel cuore, e non la stanchezza di una sgolata.
Si arriva all'efficienza semplice e incisiva del canto, quando la grammatica e l'estetica musicale si riempiono di riconoscenza al Dio che ama.

GCM 07.02.04

11) Riforma

Ci occupiamo dell'inserire correttamente la musica all'interno della liturgia. Dopo esserci chiesti "quale testo per il canto" e "quale musica per quel testo", adesso ci chiediamo: "testo e musica per quale liturgia?".
Esiste una liturgia preconciliare. Ricca di secoli, di testi, di riti, di storia. Essa è servita da stimolo e da binario per la liturgia conciliare. Però oggi siamo in un periodo postconciliare. Questo periodo non disprezza, né dimentica il passato. Tuttavia deve essere sensibile al presente e guardare al futuro. Ogni giorno ricordiamo di essere "in attesa della sua venuta": tensione in avanti.

Perché non guardare anche a una liturgia futura? Il noto liturgista Adrien Nocent, pubblicò un testo: "Liturgia semper reformanda" (La liturgia deve sempre rinnovarsi). E', questo titolo, in armonia e in conseguenza con il detto, risentito spesso durante il Concilio, della "Ecclesia semper reformanda" (La Chiesa deve sempre rinnovarsi).
La futura liturgia non può sgorgare da espressioni cervellotiche, come il futurismo o certa pittura informale (non tutta). Essa deve sgorgare da un bisogno di dar più vita al presente.
Proprio vivendo appassionatamente il nostro presente, sentiamo la bellezza e l'insufficienza del presente. Cioè: la riforma futura deve nascere da uno sfruttamento del presente, fino al suo esaurimento e, quindi, al suo superamento.

Questa è la legge di ogni accrescimento umano. Il futuro di una persona non si attua contro il passato, ma utilizzando il passato, ed essendo spinti a progredire proprio dalle esigenze del passato.
Ogni organismo vivente segue questa norma di sviluppo. La chiesa è corpo di Cristo. E' un organismo vivente. Perciò deve crescere continuamente nella storia: lo vuole lo Spirito di Dio.

GCM 07.02.04

12) Tripudio

Una nuova liturgia? E, in questa, una nuova musica, un nuovo canto?
     Ogni organismo vivente si evolve, appunto perché è vivente. Una delle sviste dei rubricisti è quella di decretare una volta per sempre delle regole fisse: l'ingessatura della liturgia e l'ibernazione della Chiesa.      Le leggi che sono stimate ultimative diventano un cappio.

Perciò, solamente sfoderando tutte le possibilità dell'esistente, si prepara un'autentica configurazione del futuro.
     Or dunque, nella presente liturgia postconciliare, serpeggiano molte virtualità da far emergere ed attivare, per così preparare un rinnovamento del canto in liturgia.
     Nel cantare presente è urgente scuotere la musica. La liturgia non è condanna legale ad assistere alla messa domenicale: per questo scopo è sufficiente una presenza passiva, priva di entusiasmo e di canto.
     La liturgia non è neppure una pia pratica di sudditanza adorante, tramite norme, formule e gesti. Per questo scopo è sufficiente la dinamica del robot.

La liturgia è tripudio dei risorti in Gesù, che si incontrano per ricordare l'amore e la bellezza di Dio, che ha salvato con la persona di Gesù, e per cantare il ringraziamento al Padre, che dalle tenebre ci ha inoltrato nella luce di suo Figlio, diventando suo "corpo".
     Qui il canto non solamente può inserirsi, ma deve vibrare. Cantare di gioia, di riconoscenza.
     Cantando, è facile diventare espressione terrena di Gesù glorioso. E' facile uscire dal concetto di liturgia inteso come "cosa che si fa" per sviluppare la realtà dell'incontro tra di noi e con Gesù.
     Allora dal "sacrifico" della messa (frase ambigua e perfino infelice), si passa alla festa dell'incontro. Dalla messa dei "morti" al tripudio dei risorti.

GCM 08.02.04